Ho capito di essere una persona non binaria poco meno di un anno fa. Durante la primavera del 2021, per sfizio, ho iniziato a parlare della mia identità di genere con la mia psicoterapeuta. Non pensavo che l’argomento avrebbe portato a una nuova consapevolezza. Una nota nel mio diario recita “alla fine della seduta, ho chiesto a E. se potevamo parlare del mio genere. Sono molto emozionata per questo, anche se non credo di essere trans”. Perché allora ho chiesto di parlare di questa parte della mia identità? Perché la tematica del genere è un elemento che mi accompagna da tutta la vita, fin da quando ero piccolo. Sono una persona afab che ha sempre voluto vestirsi come le persone socializzate maschi, volevo giocare ai giochi ritenuti da maschi, non volevo essere considerato una “femminuccia” da3 mie3 coetane3. Mi ricordo ancora la resistenza che facevo a3 mie3 genitor3 perché non mi mettessero una gonnella o qualsiasi cosa di vagamente femminile. Crescendo non è cambiato poi molto. Se non che ora ritengo sessista il termine “femminuccia”. Ma andiamo con ordine.
Sono Franz, ho 21 anni, preferisco i pronomi maschili, mi identifico come non binario e omosessuale (per ora). Come ho già scritto, fin da piccolo non sono mai stato molto conforme ai ruoli di genere e all’espressione di genere che la società si aspettava da me. Ho acquisito consapevolezza di cosa sono i ruoli di genere, il sessismo e l’omofobia quando ho realizzato di essere omosessuale. L’ho capito tra la seconda e la terza media. Da quel momento in poi mi sono interessato a tutto ciò che riguardava questi argomenti. In prima superiore sono iniziati i dubbi sulla mia identità di genere. Avevo scoperto le identità non binarie e mi si era aperto un mondo, ho iniziato subito a chiedermi se anche io non fossi così. Ma la cosa è (quasi) morta poco dopo; chiesi a poch3 mie3 amic3 se potevano usare l’asterisco per riferirsi a me nei messaggi. Non mi piaceva, non mi sentivo a mio agio, perciò pensai “no, allora vuol dire che sono una persona cis”. Durante i 5 anni, tra quell’episodio e l’inizio della discussione in terapia, mi sono identificato come donna cis, nonostante ogni tanto mi sia chiesto di nuovo se non fossi una persona transgender. Alla fine delle superiori ho iniziato il percorso di psicoterapia e dopo circa un anno ho deciso di parlare anche della mia identità.
Dopo qualche seduta in cui abbiamo affrontato l’argomento, la psicoterapeuta mi ha consigliato di parlare con un’altra persona trans, per un confronto, possibilmente una persona che non conoscessi.
Fortunatamente sono riuscito a mettermi in contatto con un ragazzo trans. Abbiamo parlato un sacco e mi ricordo che mi ritrovavo molto in alcune cose che mi raccontava della sua vita. Lui mi disse che non ha sempre saputo di essere un uomo; a una certa età aveva capito che non era una donna ma non sapeva di preciso cos’era. Mi ha detto che ha iniziato a sperimentare, con varie cose, pronomi, vestiti, binder etc. alla fine ha capito chi è. Dopo quella chiacchierata venni preso dall’euforia più totale, volevo iniziare subito a sperimentare, addirittura pensavo già agli ormoni! Da quel giorno uso pronomi maschili. Agli ormoni non sono ancora arrivato.
I pronomi maschili hanno funzionato meglio dell’asterisco. Me lo spiego con il fatto che l’asterisco (ma anche altre soluzioni per il neutro) non era molto utilizzato e ancora non fa parte della lingua e quindi ciò mi creava un disturbo per cui non riuscivo effettivamente a concentrarmi sulla mia identità, inoltre l’ho usato per pochissimo tempo. Con i pronomi maschili ho deciso di far durare l’esperimento più a lungo e infatti dopo qualche mese è diventato più naturale il riferirsi a me al maschile. Spesso si pensa che appena si cambiano pronomi le cose siano immediatamente più chiare e funzionanti, ma non per tutt3 è così. Se per 20 anni si sono riferit3 a te in un certo modo è normale che inizialmente sia strano cambiare pronomi.
Non mi creano troppi problemi i pronomi femminili, mi è successo di sostenere conversazioni in cui io usavo per me stesso pronomi maschili e l3 altr3 usassero quelli femminili, era un mix piacevole. Quando ancora non avevo deciso di cambiare pronomi, il sentire desinenze femminili ogni tanto mi faceva pensare “ah già, sono una ragazza”, era una sensazione strana. Ora che uso i pronomi maschili questa cosa non mi succede, se a volte le persone sbagliano mi fa un po’ strano ma non mi crea disagio, succede anche a me di sbagliare. Trovo che i pronomi maschili semplicemente rispecchino meglio la mia identità.
La mia storia non prevede molta disforia, forse nessuna, ci sto ancora lavorando. Questo è uno dei principali motivi per cui ogni tanto dubito della mia identità. Però so di aver provato tanta euforia, specialmente durante le mie sperimentazioni. Ho sempre avuto un buon rapporto con il mio corpo, sono molto vanitoso e mi piaccio molto. La prima volta che ho provato una grandissima euforia fu una sera in cui presi i trucchi di mio fratello e con la matita mi disegnai dei baffi e mi truccai leggermente gli occhi. La sensazione fu così intensa che non riesco nemmeno a spiegarla. Era una specie di felicità molto pungente.
Mi sentivo molto sexy e da allora ogni tanto mi disegno i baffi. Soprattutto quando devo uscire con 3 mie3 amic3. Non mi sono mai truccato, ho sempre rifiutato di farlo come ho sempre rifiutato di vestirmi “da donna” e di depilarmi. Però il disegnarmi i baffi mi ha portato ad apprezzare anche il trucco considerato femminile. Occhi truccati e baffi formano per me un’ambiguità che mi emoziona. Sì perché con lo scoprire la mia identità di persona non binaria, con il portare oltre la mia parte maschile, usando pronomi diversi da quelli che mi sono stati assegnati e facendomi baffi, sono sempre più a mio agio anche con la mia parte femminile, che fin da piccolo ho cercato di reprimere perché non volevo essere associato all’idea della femminilità, volevo essere associato ad altro. Un altro esempio di ciò è il binder. Come ho detto non provo molta disforia, anzi il mio corpo mi piace e mi piace anche il mio seno, ma odio quando si intravede sotto i vestiti, ho sempre odiato le maglie attillate per questo. Da quando ho il binder invece mi sento molto più libero, andare a provare i vestiti nei negozi con quello è un piacere assoluto. Perciò il binder mi permette di mettermi vestiti un po’ più femminili senza sentirmi a disagio. Più “modifico” il mio corpo in senso maschile e più mi sento a mio agio nell’avere un’espressione di genere più femminile. È come se volessi sempre rimanere al centro dello spettro del genere. Ciò mi dà grande euforia. Ogni tanto penso agli ormoni. Alle operazioni no, mi sembrano troppo definitive e io voglio poter essere il più fluido possibile. Voglio essere un flusso inarrestabile. Gli ormoni mi danno l’idea che possano modificare quelle parti del mio corpo che ritengo troppo femminili, ma in maniera leggera. Però oscillo tra il pensare di prenderli e il “oddio e se poi mi piaccio meno di come mi piaccio ora?!”. Ultimamente mi sento molto a mio agio con l’idea di essere transgender e comunque essere orgoglioso del mio corpo.
Le situazioni che mi presenta la quotidianità sono quelle in cui faccio più fatica. Fortunatamente sono circondato da persone che fanno parte della comunità LGBTQIA+ o che comunque si interessano di queste tematiche. Ma quando esco fuori dalla mia cerchia di persone è difficile. È stato difficile scrivere il curriculum, è difficile quando devo dichiarare il nome che ho sui documenti, è difficile andare dalla ginecologa, è difficile correggere le persone e dire che preferisco pronomi maschili. Tutto ciò è difficile non perché io provi disforia verso il mio corpo, non perché non mi piaccia il mio nome, anzi mi è sempre piaciuto, non perché i pronomi femminili mi creino disagio, ma perché è faticoso spiegare sempre che cosa vuol dire essere una persona non binaria. È faticoso spiegarlo pensando sempre che potrebbero esserci conseguenze negative, è difficile sostenere sempre il giudizio degl3 altr3. A volte riesco ad essere coraggioso, altre volte no. È faticoso essere soggetti non previsti. Però è anche una grande fonte di orgoglio e amore per sé stess3 il riuscire a sostenere la nostra identità nonostante le difficoltà.
Un fattore che per me si è rivelato fondamentale è stato il conoscere persone trans, che fossero binarie o non binarie, perché più ne conoscevo e più capivo che ci sono diversi modi di essere trans, ci sono diversi modi di esprimere noi stess3, perché ognuno è unico e si esprime in modo unico. È stato molto importante anche vedere e leggere testimonianze su internet e sui social, per questo ora sto scrivendo la mia esperienza.
Essere una persona non binaria per me è tutto quello che ho scritto, ma anche di più. Per me è il riconoscersi in una terza via, in una terza opzione, perché io non sono soddisfatto di essere uomo o di essere donna, io voglio essere entrambi e nessuno dei due. Voglio essere tutto. Voglio sperimentarmi.
Voglio essere flusso.