Definirsi è importante, fondamentale.
Trovare le parole giuste e i contesti giusti.
Donarsi, si, perché dichiararsi è un dono.
Amarsi e riconoscersi.
Stare bene, trovare agio nell’abitare il proprio corpo e lo spazio attorno, entrambi campi di
battaglia, entrambi luoghi comuni.
Perchè limitarmi a me per dire che non riconosco il binarismo di genere?
Intendo dire che è il mondo, la società, la cultura che dovrebbero essere Non Binary, non le
persone. A cosa servono tutti questi blu, tutte queste rosa? M o F ancora prima di nascere.
Qui si incaglia il mio pensiero quando voglio definire la mia identità di genere. Negli anni
infatti ho trovato che il termine Gender Queer, tra quelli attualmente in uso, fosse più adatto
a quel che sento: una voglia matta di abbattere tutto quello che è normato, definito in base
solo a questa caratteristica della persona e della identità. E allora si, sposo Gender Queer
come termine, così lo dico già a chiare lettere che del genere non mi interessa niente e non
mi interessa niente cosa si legge di me dai vestiti, dai comportamenti, dagli atteggiamenti.
Poi, nella quotidianità non lo dico quasi mai, ma come posso spiegare questo concetto con
ogni persona che conosco…? Non che abbia timore a fare coming out, non ne ho mai avuto,
ma sono anche stancǝ di dover sempre spiegare qualcosa… e poi, a dirla tutta, neanche
Gender Queer mi soddisfa del tutto, mi piacerebbe un bel neutro, un neutro pieno di colori,
di parole, di pronomi, di desinenze. Un contesto neutro, solo da riempire, come, quando,
quanto si vuole.
E allora l’immagine che più rispecchia la mia narrazione di persona Non Binaria è ancora un
foglio bianco, dove iniziano a comparire tratti e colori, segni, suoni e ombre. Una storia
ancora tutta da scrivere.