Da piccola prima di addormentarmi provavo spesso a fare questo gioco.
Mi immaginavo davanti ad una ruota, stile “ruota della fortuna” di Mike Bongiorno, erano gli anni 80/90 e lui regnava nelle televisioni e nelle coscienze di tutt*.
Quando arrivava il mio turno io la osservavo e invece delle cifre ( 600 mila lire, 500 Mila lire) c’erano solo due parole: uomo, donna, ripetute per tutta la superficie della ruota, unica variazione esattamente come per la ruota di Mike, erano i colori, quelli erano differenti, ma la parole scritte in nero, erano solo due, sempre le stesse, uomo, donna. Con vigore mi apprestavo al lancio, quello era il momento in cui nel mio cervello iniziavano ad ammassarsi le domande più rilevanti, impellenti, che bruciavano la mia giovane coscienza, in particolare due erano quelle che prevalevano su tutti “io sono una donna o un uomo?” e l’altra “a me piacciono le donne o gli uomini?”. Non era scontato che tra le due prevalesse una o l’altra, questo dipendeva dalla vita di tutti i giorni, se i miei pensieri erano più propensi a elucubrazioni che riguardavano quella o quel ragazza o ragazzo, allora la domanda che esigeva più fortemente una risposta era quella sul mio orientamento sessuale e l’altra rimaneva nelle retrovie. altre volte invece, specialmente nel momento in cui tutto l’armamento ormonale si faceva sentire, allora era la domanda sull’identità di genere ad avere la meglio.
La cosa di cui solo ora mi rendo conto è che nessuna delle risposte contenute in quella ruota, che come detto erano solamente due, mi lasciava soddisfatta.
sicuramente non era soddisfacente quel brevissimo momento di sollievo quando lo spicchio prescelto era quello eteronormativamente corretto, che mi lasciava soddisfatta, perché sapevo già chiaramente che era una struttura decisamente fragile e che tutto prima o poi sarebbe caduto.
Nemmeno, ovviamente quando lo spicchio prescelto mi portava ad immaginari in cui avrei dovuto affrontare mille ostacoli riguardanti il fatto che avevo capito che erano le ragazze il sincero soggetto dei miei desideri.
Ancora più sgomenta mi lasciavano entrambe le possibilità riguardanti la mia identità di genere, sia che uscisse uomo, sia che uscisse donna, era ogni volta come se mi stessi obbligando ad utilizzare dei vestiti che non amavo indossare, una sensazione di profonda inadeguatezza a dover rientrare in queste due categorie, contemporaneamente l’evidente incapacità di analizzare ciò che stava accadendo e cosa fosse tutto ciò.
Sono passati 30 anni circa e posso dire di aver avuto il privilegio di affrontare ed esplorare ciò che riguardava il mio orientamento sessuale, posso ad oggi definirmi con orgoglio e serenità lesbica, in questa categoria ci sto decisamente meglio che in tante altre, e ho avuto modo di viverla pienamente, conscia del fatto che le categorie hanno e pongono inevitabilmente limiti che guardo sempre con curiosità e consapevolezza.
Per ciò che riguarda la mia identità di genere invece credo di averla sempre data per scontata, ovvero per me era scontato che non fossi né un uomo ne una donna, ma per il resto del mondo ? Me lo ero mai detto con consapevolezza ? lo avevo dichiarato al mondo (o a chi mi andava di farlo) con altrettanta fermezza ? Credo che questa approvimazione abbia fatto sentire estremamente trascurata quella parte di me, la mia identità di genere.
Recentemente sono stata sottoposta a delle visite che mi hanno portata a pensare che una delle soluzioni ipotizzabili per risolvere il problema che i medici hanno rilevato, è un’isterectomia parziale. E’ stata questa prospettiva che mi ha fatto riaprire un faldone lasciato sugli scaffali da un bel pò di tempo, ma che ora pretende a ragione, di essere rispolverato, riletto rivalutato e rivissuto.