Il mio nome è Sun Elmi e sono una persona che si identifica nella definizione “not binary” di anni 20. Fin dalla scuola secondaria di primo grado mi sono sempre sentito diverso dal resto dei miei compagni e compagne di classe poiché sentivo dentro di me crescere la consapevolezza di avere un orientamento sessuale differente dagli altri. Mi sono identificata come “lesbica” per tutte le scuole secondarie di secondo grado, ricevendo sempre affetto e comprensione da parte di amici, familiari, parenti e persino sconosciuti. Ho partecipato, tra i 15 e i 18 anni, a numerosi progetti a stampo femminista che si occupavano di sensibilizzare le diversità in merito a sessualità, genere e corporeità facendo anche l’attivista presso il Cassero, sede LGBTQIA+ di Bologna.
Tuttavia, la consapevolezza della mia identità di genere è maturata a partire dall’estate del 2019, anno in cui, partecipando ad un progetto di Erasmus+ (Youth Exchange) presso Ommen, The Netherlands, sono stato in contatto con persone simili a me, giovani transgender, not binary e queer da tutta Europa. Quella dimensione di accoglienza delle diversità e apertura mentale mi hanno permesso di esprimere al meglio me stesso, accettando che oltre al mio corpo femminile, vi era anche un’energia maschile che non volevo più reprimere: per questo da quell’estate ho iniziato a farmi chiamare con il mio attuale nome d’elezione (Sun) ed a utilizzare il genere maschile per identificarmi con un uso provocatorio e politico al contempo, causando dissonanza cognitiva presso le persone che vedevano 95 centimetri di capelli lunghi e biondi ma abbigliamento “tipicamente maschile”. Questa modalità di suscitare il dubbio nelle persone che si relazionavano a me durante quel primo periodo di scoperta identitaria è stata per me un gioco e un’avventura: volevo far vedere che esisteva una realtà scomoda ma sempre più presente nel mondo. Dopo pochissimi mesi da quell’esperienza ad Ommen, e dopo la convivenza con un ragazzo trans, ho tagliato i miei capelli di cui ero stanco e i quali non rappresentavano più la mia persona. Ovviamente è stato uno shock per la maggioranza delle persone che mi conoscevano ma questo gesto “plateale” mi ha anche consentito di essere riconosciuto maggiormente come ragazzo e non più come (solamente) ragazza.
Nel frattempo, il rapporto con il mio corpo si è andato a modificare poiché, se prima cercavo un corpo scheletrico e accettabile per i canoni estetici femminili, dopo ho iniziato a provare interesse nell’avere un corpo tonico e muscoloso, senza che questo però mi distraesse dai miei obiettivi più importanti come concludere eccellentemente le scuole secondarie di secondo grado e iscrivermi all’Università.
Conclusi gli studi e accedendo al mondo accademico, mi è stato detto di poter fare richiesta presso l’Ufficio Studenti dell’Università di Bologna della Carriera Alias, privilegio che mi è stato accettato solo dopo un anno e mezzo perché le procedure sono state recentissimamente modificate (ottobre 2021) rendendo accessibile la Carriera Alias (e dunque i documenti e l’email istituzionale modificati con il nome d’elezione) a tutt*, senza dover mostrare documenti patologizzanti e medicalizzanti ma solo attraverso un’autocertificazione che dichiarasse che si voleva mutare il proprio nome. Questa vittoria, ottenuta solo dopo un anno e mezzo, mi ha permesso però di non provare più disagio ogni qual volta dovevo mostrare i documenti universitari (come nel caso degli esami) o fare interventi nelle aule virtuali con la vecchia e-mail istituzionale.
Parallelamente alla Carriera Alias, il 17.05.2021, ho fatto richiesta alla Prefettura di Bologna per cambiare ufficialmente il mio nome anche sui documenti come carta d’identità, passaporto, tessera elettorale esplicitando che il nome Sun per me e per tutte le persone che si rivolgevano a me, era ormai l’abitudine e che solo con questo nome potevo rispecchiare la mia identità neutra, né maschile né femminile. La richiesta è stata finalmente accettata a inizio febbraio 2022 e dopo aver affisso all’Albo Pretorio la mia richiesta, attenderò 30 giorni per poter ufficializzare l’avvenuto cambio del nome.
Avendo trovato la mia dimensione identitaria nel non binarismo, ad oggi non sento l’urgenza di intraprendere una vera e propria transizione di genere assumendo la terapia ormonale o ricorrendo ad interventi chirurgici anche se, vivere in una società che ancora fatica a debellare la concezione prettamente binaria dei generi, può essere alle volte molto complesso.
In tutto il mio percorso ho sempre trovato moltissima apertura e comprensione quando spiegavo che il mio nome l’ho scelto perché racchiude tutta la mia personalità e che il mio scopo è quello di portare un sorriso e un raggio solare alle persone che incontro: tutta questa apertura è ciò che auguro a tutte le persone non binarie, genderfluid, queer, gender neutral e più complessivamente alle persone trans* di tutto il mondo. Vivo in un’utopia? Forse sì. Ma i miei studi pedagogici universitari mi ricordano che l’utopia è “il possibile di domani con impegno” perciò serve solo rimboccarsi le maniche e cambiare la società, un pezzetto alla volta. Insieme.